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Polly12Partecipante
Ho comprato molti quotidiani, ieri e oggi, e l’altro ieri, quando appena si era cominciata a diffondere la notizia del rapimento e poi, improvvisa, devastante, della uccisione di Vittorio Arrigoni. Ero in viaggio, e non potevo stare incollato a un pc connesso col mondo, senza sosta, come avrei voluto. E a dire il vero non ho avuto il coraggio di cercare in rete i video di “Vik”, e non so se ci riuscirò mai. Troppo assurda la sua morte, troppo doloroso questo addio al mondo. Troppo scandaloso il dubbio che in queste ore ci assale e ci stordisce: a chi giova la morte di Vittorio? La domanda mi ha tormentato e non cessa di tormentarmi. Non ho risposte, ma ho constatazioni, ho sospetti, ho intuizioni, che non mi danno pace. E come si potrebbe averne davanti a un atto tanto feroce e privo di logica apparente? Perché i palestinesi, sia pure gli estremisti dell’ala estrema, sia pure una “cellula impazzita” degli ultraestremisti, avrebbero dovuto ammazzare, con tanta crudeltà, un sostenitore della loro stessa causa, almeno quella dichiarata? La causa dei Palestinesi, ossia la causa della verità e della giustizia?
Ho comprato e letto tanti quotidiani. E ho divorato tutte le cronache, i commenti, le analisi, le interviste a familiari e amici di Vittorio, e anche le lettere dei lettori, per informarmi, innanzi tutto, e poi per tentare di capire: capire chi fosse quel ragazzo di cui tante volte avevo sentito parlare, ma che non avevo avuto modo di incontrare. Eppure, leggere di lui, è stato come ritrovare un vecchio amico, qualcosa di più, se esiste un rapporto tra persone più importante dell’amicizia: un fratello che è anche amico, un amico che è anche un compagno di lotta, una persona con cui condividi speranze e ideali, anche al buio, senza parlarsi, senza conoscersi. E ho scoperto l’umanità di questo ragazzo morto a 36 anni, in una battaglia combattuta senza esclusione di colpi, da parte degli avversari, una battaglia in cui lui, armato solo della sua pipa e del suo computer, della sua connessione internet, con il suo blog, ha speso la sua giovinezza. Ho letto, e mentre leggevo non riuscivo a frenare le lacrime.
“La vita fa schifo”, mi disse una volta, non troppo tempo fa, un amico a cui, al telefono, dovetti annunciare la morte improvvisa della mia adorata sorella Anna. Mi parve una frase strana, come commento funebre, ma esatta. E l’ho ripensata in queste ore, mentre scoprivo le lotte, le passioni, il coraggio, le piccole gioie e le grandi sofferenze, l’inventiva paziente, la tenacia costruttiva di cui l’esistenza di Vittorio Arrigoni è stata intessuta: e mi veniva da urlare di rabbia, per questa esistenza cancellata. Ma non sapevo far altro che continuare a piangere. Come si piange accanto al corpo inanimato di una persona carissima.
Difficile resistere alla tentazione di parlare di lui come di un eroe. Ma sarebbe banale, e forse volgare. Ha scritto Alfredo Tradardi, rappresentante italiano dell’ISM (International Solidarity Movement, di cui Vittorio era parte, parole dolenti e secche: «Vittorio Arrigoni è stato un non-eroe, mite e positivo, che ha percorso ogni angolo della Striscia di Gaza con la sua umanità, densa e intensa. Un non-eroe, in un periodo nel quale del termine “eroe” si fa, troppo spesso, un grottesco abuso» (in http://www.historiamagistra.it).
Chi erano i suoi nemici? Chi lo poteva voler morto? Chi aveva cercato di fermarlo, chi lo aveva arrestato, malmenato, torturato, detenuto, espulso? Chi aveva inserito il suo nominativo in cima a una lista di soggetti pericolosi da “eliminare”? La risposta è facile, ma se la dico qui insorge il Pigi Battista di turno a insultarmi. Proprio costui, ieri, sul “Corriere della Sera”, ha partorito un capolavoro di ipocrisia, di melensaggine, e di obnubilamento della verità storica, ma anche, nel contempo, della verità morale. La guerra sbagliata del “pacifista” nemico di Israele. Perché non si può essere contro le politiche dei governanti israeliani, se si è pacifisti? Non sono quelle politiche, forse, ad aver eccitato l’odio delle popolazioni arabe, tanto più forte quanto maggiore è l’impotenza dei Palestinesi, schiacciati, discriminati, oppressi? Non è Israele a portare avanti, giorno dopo giorno, un tentativo di eliminazione della stessa identità nazionale palestinese? Non è Israele ad aver vanificato la stessa moderata soluzione dei due Stati per una terra? Una soluzione alla quale non crede nessuno, al di là del suo carattere iniquo verso i Palestinesi. Vittorio Arrigoni era convinto che Israele fosse una ferita aperta, e che le sue politiche fossero inaccettabili. Proprio in quanto pacifista, esprimeva un giudizio di condanna verso uno Stato i cui governi sono da sempre forieri di guerra. Non solo le guerre locali, ma le guerre del terrorismo, sia quello arabo, sia quello israeliano.
Non era una «guerra sbagliata», caro Battista, quella di Arrigoni: era una guerra difficile, asimmetrica: la guerra per la sopravvivenza fisica e morale dei Palestinesi, contro uno degli eserciti più potenti del mondo, contro i servizi segreti più efficienti del mondo, contro una costruzione mediatica costante, che è pronta a usare la dolorosa immane tragedia della Shoah, come un ricatto, contro coloro che si azzardino a criticare Israele.
A tutto questo Arrigoni ha cercato di opporre soltanto le sue parole, e la sua scelta di vivere la grama, rischiosissima vita dei pescatori e dei contadini di Gaza a cui gli israeliani tentano, quotidianamente, di impedire di pescare, di seminare, di raccogliere: di vivere, in una parola. Sì, Vittorio Arrigoni è stato un pacifista, nel senso più nobile del termine: egli ha lottato, fino a sacrificare la propria vita, per un ideale di pace in Medio Oriente, e non solo là. Consapevole che quella pace non si può realizzare senza giustizia. Un insegnamento che, tra l’altro, viene proprio da quella terra, da un palestinese chiamato Gesù. Era ebreo, Gesù? Era arabo? Stolta differenziazione. Coloro che vivono in quella terra sono palestinesi. E riportare a unità quel mosaico intriso di sangue, ricostituendo uno Stato unico di Palestina, dove ebrei, arabi delle diverse confessioni, cristiani ortodossi, cattolici, copti, laici senza religione (ma non senza morale), possano convivere.
Gli Stati etnici – come pretende di essere quello di Israele – sono una sciagura, specie per una umanità che si muove, si mescola, un’umanità meticcia, culturalmente, economicamente, antropologicamente. Che gli ebrei, che hanno patito sulla loro carne, la più grande tragedia della storia contemporanea, in nome della purezza “razziale”, non abbiano capito quanta nefandezza si nasconda in simili orientamenti, suscita sgomento. E che poi finiscano per adottare a loro volta comportamenti francamente razzisti verso i palestinesi, suscita sdegno. Vittorio aveva cercato di dare voce a questo sdegno. Ed è morto. Trucidato come un capro espiatorio. Ma non aveva colpe, Vittorio. Se non quella di aver creduto in un fondo comune di umanità che dovrebbe accomunare tutti i suoi e nostri simili. Sua madre talora gli chiedeva, davanti a certi spettacoli di orrore, certe manifestazioni di profondissima ingiustizia, come l’Operazione “Piombo Fuso”, gli ignominiosi bombardamenti di Israele a Gaza del dicembre 2008-gennaio 2009: «come si fa a restare umani?». E lui, insisteva: «Dobbiamo, perché l’umanità è sempre dentro di noi e noi dobbiamo portarla agli altri».
Ha capito molto di più di tanti “commentatori professionali” alla Battista, il cardinale Tettamanzi, arcivescovo di Milano, quando ha dichiarato: «Il sacrificio di Vittorio per la causa della pace e del rispetto per la dignità di ogni persona, sia d’esempio e di incoraggiamento a vincere ogni egoismo e a dedicarci a ogni ideale nel nome di Gesù». Da laico dico che il richiamo a Gesù suona come un richiamo alla sofferenza di ogni bambino, di ogni vecchio, di ogni uomo e ogni donna martoriati ogni giorno in Palestina, e in particolare a Gaza (la seconda o forse prima patria ormai di Arrigoni). Altrettanti “Gesù” che ci fanno giungere il loro grido di dolore. A quel grido Vik non ha chiuso le orecchie, a differenza di tanti, troppi tra noi. Grazie Vittorio, per aver tentato di farci giungere quelle grida, di averci fatto sentire meno inutili e stolti nella nostra quotidianità garantita. Per averci almeno fatto interrogare sulla più profonda delle ingiustizie oggi operanti nel mondo: quella contro il popolo palestinese.
http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2011/04/17/angelo-dorsi-vittorio-arrigoni-una-vita-per-la-pace/Polly12PartecipanteNirvana
Polly12PartecipanteBenvenutissima 🙂
Polly12PartecipanteDe Andrè
Polly12PartecipanteKurt74 – 21/3/2011 18:07
non e’ che non c’entra proprio nulla, se il regista avesse avuto autorizzazione ad usare il nume di Cobain ne sarebbe stato ben contento.
Secondo me il film e’ su Kurt Cobain, con licenze poetiche, ma inspirato da come il regista vede quei giorni.
La quantita’ di persone nelle case, l’investigatore, la zona separata dove si suicida, la carta di credito usata dopo la morte. E’ una versione dei fatti, di quei fatti, non dei fatti di un altro.Quoto tutto.
Polly12PartecipanteDe gregori
Polly12PartecipanteSupergrass
Polly12PartecipanteBenvenutissimi 🙂
Polly12PartecipanteBrunori Sas
Polly12PartecipanteFranco Battiato
Polly12PartecipanteBenvenuta Penelope 🙂
Polly12PartecipanteCCCP
Polly12PartecipanteGiorgio Canali
Polly12PartecipanteKurt74 – 6/1/2008 19:26
L-unica cosa che mi e- piaciuta e- stata la scena col venditore della pubblicita- delle pagine gialle (e- cosi- bravo perche- nella vita e- veramente il venditore delle pagine gialle)Non sapevo fosse realmente un venditore delle pagine gialle!
Infatti, è molto credibile!Polly12Partecipante?
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