– Quale delle due cose stimi che sia più dolce: vedere la donna amata, o pensarne?
– Non so. Certo che quando mi era presente ella mi pareva una donna; lontana, mi pareva e mi pare una dea.
– Coteste dee sono così benigne, che quando alcuno vi si accosta, in un tratto ripiegano la loro divinità, si spiccano i raggi d’attorno, e se li pongono in tasca, per non abbagliare il mortale che si fa innanzi.
– Tu dici il vero pur troppo. Ma non ti pare egli cotesto un gran peccato delle donne; che alla prova, elle ci riescano così diverse da quelle che noi le immaginavamo?
– Io non so vedere che colpa s’abbiano in questo, d’esser fatte di carne e di sangue, piuttosto che di ambrosia e nettare. Qual cosa del mondo ha pure una ombra o una millesima parte della perfezione che voi pensate che abbia a essere nelle donne? E anche mi pare strano, che non facendovi maraviglia che gli uomini sieno uomini, cioè creature poco lodevoli e poco amabili; non sappiate poi comprendere come accade, che le donne in fatti non sieno angeli.