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Rixx.
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2 Novembre 2023 alle 16:18 #93849
Vaz
PartecipanteIn occasione dell’uscita della versione rivista e corretta di Come as you are (un bestione da ben 624 pagine), Rolling Stone ha intervistato Michael Azerrad.
Intervista lunghissima e molto interessante:29 Marzo 2025 alle 10:58 #93851Rixx
PartecipanteLa nuova edizione l’ho presa l’anno scorso quando è uscita.
Spiace che Arcana non abbia voluto replicare, limitandosi a tenere in catalogo l’ormai vetusta prima edizione italiana, che tra l’altro avrebbe avuto bisogno a sua volta, e da anni, di una revisione della traduzione (piena di magagne rimaste su quelle pagine dal lontano ’94…).Editorialmente, il CAYA aggiornato al 2024 è indubbiamente curato: un mattoncione col doppio delle pagine rispetto all’originale, graficamente molto ‘grunge’ e con una riproposizione delle immagini originali finalmente più definita e in alcuni casi a colori. Se ricordate, nella vecchia edizione alcune foto in bianco e nero erano talmente scure da apparire indistinguibili …
Il testo si alterna tra quello originale e quello nuovo, in pratica un racconto speculare in cui Azzerad aggiunge considerazioni ex novo che aggiungono spessore grazie al senno di poi e agli anni di esperienza di vita che indubbiamente aiutano a comprendere meglio ciò che all’epoca pareva poco chiaro a lui stesso (e a noi lettori con lui: più di una volta mi ero chiesto “Ma cosa diamine avrà voluto dire Kurt in questo punto?”). Complice anche la mole di informazioni e anetoddica che si è aggiunta nel corso degli ultimi trent’anni, difatti Azzerad cita fonti estranee all’opera originale riuscendo così a chiudere il cerchio offrendo un lavoro il più definito possibile, andando a coprire i “buchi” che per ovvie esigenze di lavorazione dell’epoca (l’intento era quello di ‘salvare l’immagine’ di Kurt, Courtney e la band…) non era stato possibile colmare.
Ed ecco così emergere considerazioni che ai tempi non si sarebbero potute fare, ricordi mai pubblicati prima, la stessa volontà dell’autore di ‘analizzare’ Kurt con maggiore consapevolezza, riconoscendo errori e limiti che al tempo lo avevano dovuto tenere frenato (è da tenere in considerazione che Azzerad aveva tempi di consegna che ok, non erano stretti, ma in nove mesi aveva dovuto comunque eseguire tutta la serie di interviste e preparare il testo da ‘chiudere’ per poterlo consegnare all’editore e farlo pubblicare. Inevitabilmente qualcosa era sfuggita, o era stato costretto a farsela sfuggire, non potendo addentrarsi troppo nel privato ‘marcio’ della coppia. A questo ci aveva pensato Cross qualche annetto dopo…).
Un difetto della nuova edizione, perlomeno nella copia arrivatami, è che la qualità di stampa è altalenante: alcune pagine paiono fotocopie sbiadite, quasi come se fosse mancato l’inchiostro in rotatoria… Boh. Per fortuna si riesce a leggere tutto.
Un difetto invece evidente a tutti, forse, è che pur essendo l’edizione definitiva di CAYA che tutti avrebbero voluto leggere è che è uscita fuori tempo massimo: non credo sia stato un successo, prova ne é che nessun editore italiano si sia fatto avanti per acquisirne i diritti (almeno finora non mi risulta). Non è come il CAYA originale, la bibbia su cui ogni nirvaniano avrebbe dovuto necessariamente puntare. Purtroppo! Il problema sta nel prezzo, nella limitata fruibilità (leggere un mattone in inglese è roba per pochi) e nel fatto che, essendo un mattone, richiede concentrazione mentale ma anche ‘fisica’: se non lo appoggio è impossibile tenerlo comodamente in mano a lungo. Una volta letto e finito lo si ripone sullo scaffale, e chissà se ci sarà mai occasione di ritirarlo fuori per consultarlo. E’ troppo ‘grosso’, insomma, e anche se potrei dire lo stesso di The True Story (altro bel mattoncione del 2006) dico che tirerei fuori più volentieri quest’ultimo, nonostante fosse venuto dopo (e nonostante il nuovo CAYA prenda spunto anche da anetoddica prelevata da questo).
Perché il problema della riedizione di CAYA è proprio quello di volersi riprendere il podio da primo posto andando a rifocillarsi da tutte le fonti autorevoli uscite dopo l’edizione originale, aggiungendoci le nuove considerazioni di Azzerad: il risultato è un libro sì, “definitivo”, ma troppo grande per la materia da affrontare, al punto che forse avrebbe potuto funzionare meglio se diluito in due volumi. Il risultato è un’opera massiccia ma anche parecchio impegnativa, che per forza di cose ne fa un titolo di nicchia.
Resta fondamentale, ma di questi tempi non più indispensabile.
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